Tentazione di muffin

>> giovedì 26 novembre 2009

A voler fare le cose di fretta, si combinano pasticci. Questa volta le foto non mi convincono molto, ma lascio a voi giudicare. Ora che sono sotto tesi, complice anche il fatto che stiamo andando sempre di più verso temperature fredde, ogni volta che spengo il computer mi assale una gran voglia di dolce. E da golosa quale sono "posso resistere a tutto, fuorché alle tentazioni" come diceva Oscar Wilde. Agli inizi della mia avventura dolciaria, non facevo altro che sfornare muffin, senza seguire un procedimento particolare. E, meraviglia delle meraviglie, in barba al tanto decantato metodo della separazione degli ingredienti liquidi da quelli secchi, avevo dei bei muffin panciuti e alti. Da un pò di tempo a questa parte invece, notavo che i miei muffin durante la cottura se ne andavano per i cavoli loro: pendenti come la torre di pisa a destra o a sinistra, piatti come tavole da surf. Mistero.
Ora, ho visto che tanti bloggers si servono della separazione degli ingredienti liquidi da quelli secchi per realizzare muffin e dalle foto, questo metodo sembra funzionare alla grande. Ho voluto provare, pur essendo scettica sul fatto di rovesciare in un sol colpo le polveri sul composto liquido e di mescolare appena il tutto. San Tommaso ha dovuto ricredersi: finalmente la gobbetta è tornata e le crepe sono al posto giusto. Solo un paio hanno deciso democraticamente di fare a modo loro, secondo voi è questione di quantità d'impasto all'interno del pirottino? Ma per essere il primo tentativo, mi ritengo soddisfatta.

1 uovo
150g di farina OO
1 vasetto di yogurt bianco da 125g
70g di zucchero
40g di burro
5 shokobon (o cioccolatini a piacere) triturati
mezza bustina di lievito per dolci
una spolverata di cannella

In una ciotola, setacciare e mescolare fra loro la farina e il lievito, aggiungendo poi lo zucchero e un pizzico di cannella. In una seconda ciotola amalgamare l'uovo, lo yogurt e il burro fuso freddo. Rovesciare la ciotola delle polveri in quella dei liquidi e amalgamare con una spatola, aggiungendo i cioccolatini triturati. Riempire i pirottini o delle formine per muffin e infornare a 180 gradi per 20 minuti o fino a doratura della superficie.

Plumcake, il ritorno

>> domenica 22 novembre 2009

Durante la settimana non ho molte occasioni per mettermi ai fornelli, vuoi per il fatto che in famiglia chi più e chi meno siamo tutti a dieta, vuoi perché nei giorni normali i pranzi e le cene sono quasi prestabilite (carne-pesce-pasta-formaggi-pizza), ma il sabato qualche pretesto per mettermi ai fornelli viene fuori e la domenica, passata a rotazione a casa dei parenti, scateno il lato goloso che è in me.
Questa settimana vi lascio la ricetta per un plumcake ciccioso a base d'arancia e cioccolato fondente. Intanto, vado a inventare qualche nuova ricetta per il Natale che si avvicina..

Plumcake arancia e cioccolato fondente

4 uova
110g di zucchero
60g di cioccolato fondente al 70%
100g di burro
il succo e la scorsa di un'arancia non trattata
300g di farina OO
1 bustina di lievito per dolci
1 bustina di vanillina
Granella di zucchero e fettine di mandorle a piacere

Separate i tuorli dagli albumi. In una ciotola sbattete i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e gonfio. Aggiungete il burro fuso freddo, il succo e la scorza d'arancia, il cioccolato ridotto in scaglie. Montate a neve ferma gli albumi e aggiungerli alla preparazione, alternandoli a cucchiaiate di farina setacciata insieme alla vanillina e al lievito, con movimenti dal basso verso l'alto per non smontare il composto. Decorate la superficie con granella di zucchero e mandorle a fettine a piacere. Versate il composto in uno stampo da plumckake e cuocete in forno preriscaldato a 180 gradi per 1h 15. (fate sempre la prova stecchino)

Nota per la cottura: per evitare di bruciare la superficie, io ho coperto lo stampo con l'alluminio infornando per 40 minuti. Completata la fase più delicata della lievitazione, l'ho tolto e ho lasciato dorare per 15 minuti, poi ho coperto di nuovo e ho completato la cottura.

Honest scrap: 10 cose su di me

>> sabato 21 novembre 2009

Avevo visto questo giochino comparire su tanti blog che seguo e parteciparvi mi incuriosiva assai. Dopo essermi presa una pausa dalla scrittura della tesi, mi sono messa a leggere i blog e Sara di Meringhe alla panna è stata tanto cara da pensarmi e spedirmi l'invito.
Da dove comincio?
1. Ho sempre avuto il pallino per la cucina. La mia avventura è iniziata in seconda media, quando figlia unica di due genitori lavoratori, mi sono dovuta attrezzare per far apparire sulla tavola un pranzo e una cena decenti a due affamati genitori di ritorno dal lavoro. Ancora ricordo la mia prima pasta: delle mezzemaniche che dire dure era un eufemismo. Praticamente come appena tolte dalla scatola. E l'espressione coraggiosa di mia madre, che nonostante quel disastro, aveva avuto poi la forza di lodarmi.
2.Sono una persona testarda che, se una cosa non le viene al primo tentativo, piuttosto che chiedere aiuto agli altri, si rinchiude e prova finché il risultato non è esattamente quello che ha in mente. Ho mangiato un sacco di roba da sola perché il risultato estetico non mi soddisfaceva e mi vergognavo a presentarlo a un pranzo o una cena.
3. Adoro i gatti e i cani, ma i cocker spaniel hanno un posto speciale, un pò perché i miei amici mi ripetono spesso che sono la loro copia umana (ho i capelli ricci come loro orecchie e caratterialmente, sono una coccolona con chi mi conosce bene), un pò perché mi ricordano dei peluche. Quando avrò una casa mia, ne vorrei uno piccolino e nero (ma non lo chiamerò Calimero!)
4. Sono golosa di dolci. Da piccola facevo a gara con i miei cugini a chi si finiva più pacchetti di merendine (allora non sapevo cosa fossero le calorie...), oggi devo tenermi, altrimenti so che si trasformerebbero immediatamente in ciccia. Ma da quale torello che sono, non rinuncio a un dolce, magari piccolo, se in compagnia di altre persone. Trovo che predisponga al buonumore. I miei amici sanno bene che, se invitata, non mi presento mai senza qualcosa di fatto in casa che non contenga uova, burro e zucchero.
5. Come avrete visto dal profilo, mi sto laureando in giapponese. Dopo Venezia, Tokyo è stata eletta mia seconda patria. Nonostante io non parli ancora bene la lingua e il Giappone sia un paese difficile sotto tanti punti di vista, nel corso dei miei due soggiorni studio ho trovato un'accoglienza meravigliosa da gran parte delle persone che ho conosciuto. Non ho ancora deciso bene cosa vorrò fare del mio futuro, ma so che tornerò non appena mi sarà possibile.
6. Non sopporto i luoghi troppo rumorosi e pieni di gente: a una discoteca affollata preferisco un buon locale dove bere un bicchiere di vino e fare due chiacchiere con chi è con me.
7. Ho il vizio di fare da mamma alle mie amiche, che siano più piccole o più gradi di me. Se qualcuna ha un problema o vuole semplicemente una rassicurazione, o sforno un dolce o mi metto a coccolarla. Mio padre dice che ho sbagliato mestiere, che avrei dovuto fare l'assistente sociale o andare a Stranamore.
8. Sono una persona abbastanza timida con i ragazzi, soprattutto quando li conosco per la prima volta. Con i morosi delle mie amiche ho ovviato alla cosa buttandomi sulla cucina: nove volte su dieci mi dicono che ho scritto in faccia "sposami" e invidiano la persona che mi sposerà davvero.
9. Sono talmente puntuale da arrivare talvolta con dei quarti d'ora pieni d'anticipo... e finisco con il mettere in imbarazzo chi arriva dopo di me, nonostante la sua puntualità. In Giappone ancora peggio, lì anche arrivare in anticipo è un segno di scortesia, le prime volte ho fatto un sacco di figure barbine!
10. Manco totalmente di senso dell'orientamento, quando ero alle superiori ero capace di perdermi anche nella periferia della mia città natale! Quando devo visitare una nuova città è un dramma, anche perché odio le piantine, hanno il potere di mandarmi ancora più in confusione. L'unica città che fa eccezione è Venezia, sarà che se sbagli strada finisci in canale, ma anche facendo strade nuove per la prima volta, in cinque anni non mi è mai capitato di perdermi.
Passare il meme alle persone dei blog che seguo per la seconda/terza volta sarebbe una scortesia, facciamo che mi guardo in giro e se trovo ancora qualcuno che manca all'appello, provvedo! Intanto, grazie ancora Sara!

Marmellata mon amour!

>> lunedì 16 novembre 2009

E' ufficiale, sono entrata anch'io nel tunnel delle marmellate e difficilmente riuscirò ad uscirne!! Vuoi un po' per il fatto che nei vostri blog vedo decine di ricette e ogni volta è lo stesso pensiero "devo assolutamente rifarla/modificarla, prenderne spunto!", un po' per i contest che, nemmeno a farlo apposta, capitano sempre nel momento opportuno. Il mio primo esperimento "marmellatoso" è stato qui, complice l'inaugurazione della nuova casa di mia cugina. Prima di allora, il nulla,da intendersi come fatto dalla sottoscritta. Nella mia infanzia, ad occuparsi della marmellata erano sempre mia nonna, mia mamma e mio papà. Da me marmellata significava grandi quantità di more o prugne provenienti dall'orto della nostra casa di montagna che, una volta "imbottigliate" (passatemi il termine, imbarattolate non è italiano!) andavano ad arricchire una crostata o il pane per la colazione. Adesso che mia nonna è in là con gli anni e i miei non hanno più pazienza, ho deciso di prendere il testimone. Perché credo che, come sapete voi meglio di me, una volta assaggiata la marmellata fatta in casa con le marmellate in commercio non ci sia più storia. In più, a me non piacciono le marmellate troppo dolci, e poter regolare a proprio piacimento la quantità di zucchero è uno dei motivi che mi spinge a continuare su questa strada.
Questa marmellata è nata da una bustina di the. Mi spiego: andando pazza per gli infusi e le miscele di the, mi ritrovo un'anta della cucina talmente stipata di scatole che ogni volta che la apro rischio la valanga. Ogni volta che sugli scaffali compare qualcosa di nuovo, non posso fare a meno di portarmene a casa una scatola per provare. Tra gli ultimi acquisti c'è un the nero della Pompadour (si può dire o è pubblicità??) aromatizzato all'arancia, cannella, chiodi di garofano e uvetta bagnata nel rhum (avrete ormai capito che più roba c'è dentro e più mi piace!). Il gusto mi era piaciuto da matti. Perché non replicarlo nella marmellata? Fatalità, di quella di mele e uvetta me ne era rimasto un vasetto piccolo, non potevo non provare. Avevo le arance, avevo la cannella e i chiodi di garofano, avevo il rhum. Di mettere l'uvetta non mi andava, volevo si sentisse solo il gusto della frutta e delle spezie. Appena fatta, mi sembrava un disastro; poi l'ho lasciata riposare per una decina di giorni e oggi ho aperto il vasetto: vi dico solo, da provare.
Buon inizio settimana a voi!

Marnellata di arance profumata alla cannella, rhum e chiodi di garofano

Per un vasetto da 250g
1,2kg di arance
200g di zucchero
1 bicchierino di rhum
1 cucchiaino di cannella
3 chiodi di garofano

Pelare al vivo le arance sopra la pentola che userete per la marmellata in modo da non perdere il succo. Aggiungere lo zucchero, i chiodi di garofano spezzettati, la cannella e il rhum. A fuoco dolcissimo, cominciare a mescolare per una ventina di minuti, poi passare al setaccio. Continuare a mescolare per una successiva mezz'ora, fino a raggiungere una discreta densità. Invasare a caldo in vasetti precedentemente sterilizzati per una ventina di minuti in acqua calda. Lasciar riposare una decina di giorni prima di servire, per dar modo al gusto e alla consistenza di affinarsi.

Con questa ricetta partecipo al contest "con le dita nel barattolo" della cucina di Martina, in collaborazione con Giallo Zafferano.

La norma dei ricordi

>> martedì 10 novembre 2009

Quando qualcuno mi propone una pasta alla norma, mi torna subito in mente la gita scolastica (allora si chiamava "viaggio d'istruzione"...) fatta in Sicilia durante il mio penultimo anno di liceo. Non so da voi,
ma la scuola che frequentavo io, quando si trattava di organizzare gite scolastiche, risparmiava su tutto: gli alberghi, le visite guidate, i trasporti, i pasti. Anche quella volta fu così: l'itinerario prevedeva di vedere Palermo, Messina,Siracusa, Reggio Calabria (questa da vedere lungo il ritorno) in una settimana. Fattibile, direte voi. Beh, io ricordo con piacere solo due cose, la rappresentazione di due tragedie di Eschilo nel teatro di Siracusa e la pasta alla norma servitami alla fine di questa. Il resto, una corsa contro il tempo, a cominciare dal viaggio (provate voi a farvi Foligno-Palermo, Messina-Foligno in un unico autobus con altre 73 persone!). Per cinque giorni avevo digiunato, incapace di mangiare ciò che mi veniva servito (non perché sia schizzinosa, tutt'altro, ma non potete immaginare le cose che hanno avuto il coraggio di farci mangiare...), il sesto, finita la rappresentazione, nel ristorante antistante il teatro, il paradiso: questa pasta alla norma fumante, il sugo denso, la sapidità della ricotta stagionata appena grattugiata su. Sarà stata la fame, ma quel piatto mi è entrato subito nel cervello e da lì non è più uscito (dico anche che quel giorno ne avevo fa
tti fuori due piatti da quanto era buona...). Oggi l'ho rifatta, a modo mio.
Pasta alla norma a modo mio: tempura di melanzane
Per due persone
140g di spaghetti
pomodori ramati
1 spicchio d'aglio
1 melanzana piccola
farina q.b.
acqua q.b. olio per friggere sale q.b.
ricotta salata a piacere
Tagliare a fette sottili le melanzane, cospargerle di sale e lasciarle riposare in uno scolapasta per un'ora. Tuffare i pomodori in acqua bollente per qualche secondo, pelarli, mondarli dei semi e tagliarli a piccoli pezzi; aggiungerli in una casseruola dove precedentemente avrete fatto andare uno spicchio d'aglio in un cucchiaio d'olio. Sobbollire a fuoco dolce e, con l'utilizzo di un passaverdura o di un minipimer, frullare il tutto fino ad ottenere una crema densa.
Preparare la pastella: in una ciotola fatta precedentemente raffreddare in frigorifero o in freezer unire farina e acqua ghiacciata a formare una pastella sostenuta. Sciacquare le fette di melanzana e asciugarle. Passarle nella pastella e friggerle in abbondante olio caldo. Scolare, togliere l'unto in eccesso e tenere in caldo. Lessare la pasta in abbondante acqua salata e ripassarla per un minuto nel sugo. Adagiare in un piatto, decorando con qualche fettina di melanzana e una spolverata di ricotta salata.

Crostata di mele e mandorle di Adriano Continisio

>> domenica 8 novembre 2009

Ne la ricetta ne l'immagine sono mie, ma di chi le ha fatte. Mia è solo l'idea di unirmi agli altri blogger in questa giornata per esprimere solidarietà ad Adriano Continisio per il plagio subito.
Non si copia.
I blog di cucina sono pubblici, ma questo non significa che si possa prendere a piene mani e sparire nel più completo anonimato, spacciando poi la ricetta come propria. Ringraziare l'autore e citare la fonte sono cose così difficili da capire? Come vi sentireste se fosse voi ad essere plagiati? Pensateci la prossima volta.


Crostata di mele e mandorle di Adriano Continisio
400g di pasta frolla
4 mele grandi (ca. 600gr al netto degli scarti)
80gr di zucchero
4 cucchiai di amaretto di saronno
succo di mezzo limone
poca cannella in polvere.
Massa di mandorle
120gr uova intere
60gr zucchero
50gr farina di mandorle
15gr farina di mais fioretto
15gr fecola
un pizzico di sale
estratto di mandorle
una manciata di mandorle a lamelle
sciroppo di zucchero
marmellata di albicocche

Saltare a fiamma alta le mele sbucciate e tagliate a cubetti, miscelate con il succo di limone e lo zucchero, fino a che non risultino asciutte ma non spappolate. Incorporare il liquore e la cannella e lasciare raffreddare. Foderare uno stampo da 26cm e cuocere in bianco per 15 minuti (i primi 10 con carta da forno e riso) Nel frattempo montare le uova con lo zucchero ed il sale, incorporare delicatamente le polveri e poche gocce di estratto. Pennellare la frolla con poca marmellata, versare le mele, coprire con la massa e cospargere con le mandorle a filetti. In forno a 170° per ca. 20 minuti. All'uscita dal forno lucidare con sciroppo a 30°be.

Comfort food

>> venerdì 6 novembre 2009

Ci sono giornate in cui tutto sembra andare storto. Per scacciare la malinconia, io mi metto in cucina: sono convinta che nulla sia più rilassante del creare qualcosa con le proprie mani. Impastare poi, è un vero balsamo per l'anima. Adesso che sono ferma in un periodo di transizione un po' particolare, indugio spesso negli impasti, il più delle volte dolci. Queste crostatine sono nate per un pranzo domenicale con i parenti, ma le rifaccio spesso perché per me rappresentano uno dei miei confort food preferiti, una coccola dell'anima, da assaporare con un infuso o una buona tazza di the.
Per le crostatine nere mi sono ispirata alla crostata ai mirtilli di Nightfairy, modificando però la ricetta con quello che avevo in casa. Quelle nere invece, le ho realizzate totalmente di sana pianta. La base della frolla viene dal numero di Sale e Pepe di novembre, opportunamente divisa per due impasti e da me leggermente modificata.

Crostatine nere con marmellata di mirtilli

140g di farina OO
30g di farina di castagne
30g di cacao amaro
30g di zucchero
1 uovo
40g di burro
mezzo cucchiaino di lievito
marmellata di mirtilli
Crostatine bianche con marmellata di fichi
140g di farina OO
30g di farina di cocco
30g di zucchero
1 uovo
40g di burro
mezzo cucchiaino di lievito
marmellata di fichi

Su una spianatoia setacciare la farina, fare una fontana e aggiungere progressivamente la farina di castagne, il cacao amaro, lo zucchero, il burro, l'uovo e il lievito (per l'impasto nero), la farina di cocco per l'impasto bianco. Impastare velocemente, formare una palla e lasciarla riposare in frigorifero per un'ora. Modellare l'impasto su uno stampo per tartellette precedentemente imburrato e infarinato, aggiungere poca marmellata mischiata a un biscotto secco sbriciolato e chiudere con una griglia di pasta. Cuocere in forno già caldo a 180 gradi per 15-20 minuti.